Stamattina sul treno che mi porta in città pensavo. Niente paura, nessun contributo definitivo alla materia. No, è che pensavo che quando da onnivora sono diventata vegetariana è stato incredibilmente facile. E' successo praticamente da un giorno all'altro e non mi è mai neanche lontanamente mancato il mangiare animali, anzi, da subito mi sono chiesta come avessi potuto farlo prima.
Non mi è mai mancato pane e salsiccia, il ragù, la bistecca (che forse non ho neanche mai mangiato, ricordo che da piccola la evitavo come la peste, mi ha sempre disgustato solo vederla), per non parlare di altri intingoli di cui peraltro non ero mai stata ghiotta.
Il medico di famiglia mi ricordava costantemente che avrei dovuto mangiare le carni degli animali e rimaneva puntualmente un po' interdetto ogni volta che facevo le analisi del sangue e risultavano perfette. Tanto che parecchi anni dopo una endocrinologa presso la quale ero in cura mi disse chiaramente che il fatto di essere vegetariana aveva evitato l'aggravamento di una blanda patologia ormonale che per qualche anno ho avuto.
Così come un paio di giorni fa, all'annuale visita medica che ci viene fatta fare dall'ente per cui lavoro, il medico, dopo avermi visitato, avendo portato io anche le mie ultime analisi del sangue, mi ha chiesto: Da quanti anni mi diceva che è vegetariana? E alla mia risposta, scuotendo la testa soddisfatto: Beh, certo, si vede...
Il passaggio è stato invece più "sentito" nel passare da vegetariana a vegan, circa tre anni fa. Mentre per le uova si è verificata la stessa reazione che per la carne di tanti anni prima, non mi viene più in mente di mangiarle e non ne sento assolutamente la mancanza, per quanto riguarda i latticini (non certo il latte, che non ho mai amato e che
ho ingerito soprattutto come ingrediente di ricette piuttosto che puro, men che mai la mattina a colazione), i formaggi insomma, nei primi tre mesi di "astinenza" me li sono addirittura sognati. Non era tanto di giorno che mi veniva voglia di mangiarne, ma durante il sonno, quando l'inconscio è libero di vagare a suo piacimento.
D'altronde anni e anni, da quando sono nata, di abitudini alimentari non sono sempre facili da sradicare. Mentre mangiare animali mi ha sempre disgustato da quando ero bambina, o comunque non mi era mai andato totalmente a genio, ero abituata a pensare ai formaggi come ad una alternativa non violenta, come ad un cibo sano, necessario per assumere calcio, e tutto sommato anche molto buono come sapore.
Ho dovuto insomma mettere in atto un'operazione di... raziocinio, i primi tempi, e così andavo spesso a cercare informazioni sugli allevamenti intensivi e la produzione di latte, sugli allevamenti biologici (dove comunque si allevano animali per ucciderli, ovviamente, non certo da tenere come animali da compagnia), a ragionare su un fatto così logico che mi sembra ancora oggi assurdo non averci pensato prima: se un animale produce latte lo fa per i suoi figli, se glielo portiamo via è come se a una mamma che allatta togliessimo il latte destinato al suo bambino.
Già i primi tempi, passando dai banchi frigo dei formaggi del supermercato, mi rendevo conto che ciò che prima vedevo come semplice cibo ora diventava frutto di torture, di violenza, di abiezione etica. Che ciò che consideravo sano per la mia salute era invece nocivo, che non a caso i formaggi vengono definiti "carne liquida", riportando molti dei componenti della carne e dei suoi effetti sul nostro fisico.
Tant'è, all'epoca pensai che se davvero ne avessi patito così tanto la mancanza avrei dovuto riprovare a mangiarne, di formaggi, non avendo io grande vocazione al sacrificio ed essendo sostanzialmente una epicurea del gusto. Ma non ce l'ho proprio fatta. Quando sai come stanno le cose, quando sei "persona informata dei fatti", non puoi più tornare indietro. Non te la senti, se sei appena appena una persona consapevole e non superficiale.
E' bastato poco per non aver più voglia non solo di mangiarli, ma anche per rimanere schifata al solo pensiero di ingerire quelle secrezioni mammarie bovine cagliate, provenienti chissà da quali allevamenti, da quali animali sacrificati in condizioni di vita indicibili e imbottiti di ogni sorta di antibiotici e di chissà quali mangimi.
Ogni tanto, come ultimamente in vacanza, quando ci è stata offerta una forma di pecorino, la reazione istintiva sarebbe stata ancora quella di dire: Ah grazie! Ma immediatamente, tempo due secondi, sopravviene il pensiero di tutto ciò che so intorno a quel cibo, e me ne vergogno. Ancora, dopo quasi tre anni, mi vergogno di momenti in cui è l'abitudine e non il mio senso etico e la mia conoscenza a procurarmi un riflesso condizionato.
Questo per dirvi che se vi dovesse capitare qualcosa di simile, beh, non siete i soli, a me è successo. Ma credo nella ragione, nella consapevolezza, nella conoscenza delle cose, e non mi interessa agire per
routine, solo perché queste sono le nostre abitudini. Non vorrei davvero più permettere che il mio destino sia in mani irresponsabili, come quelle delle grandi industrie alimentari, ad esempio, ed essere consumatrice pedissequa di tutto ciò che viene proposto/imposto dai media o dalla tradizione (sul concetto di "tradizione" poi ci sarebbe assai da discutere). Io non ci sto. Voi?
www.infolatte.it
www.notmilk.com
www.milksucks.com
www.peta.org
Fatti non fummo a viver come bruti, ma per seguire virtude e conoscenza
(Dante, Inferno, XXVI)