Naturalmente ognuno è libero di fare ciò che meglio crede, ça va sans dire. Ma io non ho nessuna intenzione di frequentare kermesse sul genere del Veganfest, non so se avete presente. Una fiera commerciale che, puntuale come la muerte, tutti gli anni ci capita tra capo e collo come i natali e i capodanni.
Prima di tutto, non vedo il motivo di fare centinaia di chilometri per arrivare fino in Toscana come se fossi l'adepta di una qualche setta strana che si vuole ritrovare con i propri compagni di fede. La mia non è una fede, non è un credo misticheggiante, semplicemente non mangio gli animali perché sono una persona per bene che trova folle nutrirsi di carni di esseri viventi trucidati e non vede perché dovrebbe farlo. Tutto qui, la cosa più naturale del mondo. Quindi, con tutto il rispetto anche per voi che mi leggete, non è che io senta la necessità di andare in un posto dove presumibilmente ci saranno tanti vegan. Preferisco di gran lunga avere una corrispondenza di opinioni qui sul blog con tutti quelli che mi lasciano commenti e mi scrivono in privato, mi ci sento sicuramente più in confidenza.
Forse che i vegan sono esseri speciali che vanno visti perché hanno il naso a trombetta e le orecchie a punta?
Questo è il primo motivo, a prescindere dal tipo di organizzazione di questo genere di eventi. Ma è naturalmente una mia modesta opinione che lascia spazio a un dibattito in questo senso.
In questo caso, però, nel caso di questo fest ci sono altri motivi meno soggettivi che mi fanno disdegnare l'evento come addirittura controproducente per la diffusione del veganesimo nel nostro Paese. Se da un lato fa notizia e leggo sui vari magazine generalisti notizie sulla fiera e la parola "vegan" appare come la moda del momento, mi preoccupa invece cosa accade dopo questo momento.
Oltre la moda, c'è vera informazione da quelle parti? si mantiene una coerenza, quella che il popolo chiama "estremismo" e che non è altro che coerenza, nella scelta degli espositori, dei medici presenti e dei prodotti reclamizzati?
Le persone che ci lavorano, tutti o quasi volontari, perché lo fanno? Di norma si lavora gratis per una buona causa, per raccolte di fondi per un rifugio di animali, per la produzione di materiali atti a campagne informative, e via dicendo. Qui no. Qui si lavora gratis per un'operazione commerciale, per ingrassare e ingrossare le tasche degli organizzatori che non hanno nessuna attività animalista prevista nella loro agenda.
I loro scopi sono esclusivamente commerciali e chi si interpone nei loro affari, anche semplicemente informando circa le loro attività, compie atto sacrilego e va punito. Personalmente, a causa di questo, nell'agosto scorso sono stata portata in tribunale. Tacciata poi di "bieca invidia", come se avessi io stessa attività commerciali da difendere e volessi assurgere ai fasti di cotanto giro di affari. Ahimè, non è così, non ho nulla. Gestisco solo, insieme a due amiche, un sito - Stiletico - dal quale non traiamo un euro bucato perché è semplicemente un sito di recensioni e non vendiamo un fico secco.
Per non dire della "certificazione" (non riesco neanche a scriverlo senza che mi venga da ridere) inventata da codesti organizzatori della fiera. Una autocertificazione, senza alcuna autorevolezza ne' tanto meno controllo, che i prodotti siano vegetali al 100%, che poi siano sperimentati o meno - nei loro componenti - sugli animali non frega niente a nessuno. Come se le certificazioni, quelle sì, autorevoli fino ad ora esistenti sul cruelty-free fossero nulla. Naturalmente, anche in questo caso, sono i denari a muovere il mondo. Paghi, io ti certifico e vai con dio. Se qualcuno non è d'accordo, si tratta di gente che non ha niente da fare, che non fa lavorare in santa pace (oddio mi ricorda qualcuno in politica...), gente intrisa di odio e rancori. Tutta qui la difesa. Perché in effetti non ce ne può essere un'altra, di difesa, solo dogmi ad uso e consumo dei più ingenui e meno informati.
Non vado - ancora - a fiere che si fregiano del termine "vegan" come di una bandiera e poi ospitano steak house solo perché producono birra artigianale. O dove tra gli standisti ci sono venditori di piscine o materassi col bollino "vegan". L'anno scorso ricordo ancora lo spasso di trovare nel loro catalogo produttori di peperoncini e mandorle col bollino verde. Meno male. Se non fossero stati certificati, sarei rimasta per sempre col dubbio che quelle mandorle fossero fatte di sugna e quei peperoncini di lardo.
Insomma, non prendiamoci in giro e non facciamoci abbindolare da chiunque si riempia la bocca di vegan, vegan, vegan.
La nostra personale festa andiamo a farla al banco di frutta e verdura del mercato rionale. E' lì che un vero vegan festeggia: quando compra dei pomodori e magari sono pure buoni, non come quelli insipidi del banco accanto. E se avete voglia di vedere altri vegan, interessati oltre che ai materassi, anche alla difesa dei nostri compagni di pianeta, frequentate piuttosto banchi informativi animalisti nella vostra città. Se abitate in un piccolo centro e ancora non ci sono gruppi, fondateli voi.
Quelli sono i vegan interessanti da cui è bello essere circondati. Gente che non vende e non compra nulla, che si dà un gran da fare per rimediare denari per un rifugio di cani abbandonati, ad esempio, o per creare eventi senza scopo di lucro a scopo di diffusione e circolazione delle informazioni.
Il resto è fuffa. Siate vigili, siate lucidi, non siate dogmatici, non siate superficiali.
Per non dire della "certificazione" (non riesco neanche a scriverlo senza che mi venga da ridere) inventata da codesti organizzatori della fiera. Una autocertificazione, senza alcuna autorevolezza ne' tanto meno controllo, che i prodotti siano vegetali al 100%, che poi siano sperimentati o meno - nei loro componenti - sugli animali non frega niente a nessuno. Come se le certificazioni, quelle sì, autorevoli fino ad ora esistenti sul cruelty-free fossero nulla. Naturalmente, anche in questo caso, sono i denari a muovere il mondo. Paghi, io ti certifico e vai con dio. Se qualcuno non è d'accordo, si tratta di gente che non ha niente da fare, che non fa lavorare in santa pace (oddio mi ricorda qualcuno in politica...), gente intrisa di odio e rancori. Tutta qui la difesa. Perché in effetti non ce ne può essere un'altra, di difesa, solo dogmi ad uso e consumo dei più ingenui e meno informati.
Non vado - ancora - a fiere che si fregiano del termine "vegan" come di una bandiera e poi ospitano steak house solo perché producono birra artigianale. O dove tra gli standisti ci sono venditori di piscine o materassi col bollino "vegan". L'anno scorso ricordo ancora lo spasso di trovare nel loro catalogo produttori di peperoncini e mandorle col bollino verde. Meno male. Se non fossero stati certificati, sarei rimasta per sempre col dubbio che quelle mandorle fossero fatte di sugna e quei peperoncini di lardo.
Insomma, non prendiamoci in giro e non facciamoci abbindolare da chiunque si riempia la bocca di vegan, vegan, vegan.
La nostra personale festa andiamo a farla al banco di frutta e verdura del mercato rionale. E' lì che un vero vegan festeggia: quando compra dei pomodori e magari sono pure buoni, non come quelli insipidi del banco accanto. E se avete voglia di vedere altri vegan, interessati oltre che ai materassi, anche alla difesa dei nostri compagni di pianeta, frequentate piuttosto banchi informativi animalisti nella vostra città. Se abitate in un piccolo centro e ancora non ci sono gruppi, fondateli voi.
Quelli sono i vegan interessanti da cui è bello essere circondati. Gente che non vende e non compra nulla, che si dà un gran da fare per rimediare denari per un rifugio di cani abbandonati, ad esempio, o per creare eventi senza scopo di lucro a scopo di diffusione e circolazione delle informazioni.
Il resto è fuffa. Siate vigili, siate lucidi, non siate dogmatici, non siate superficiali.