domenica 21 ottobre 2012

Empatia un corno

L'altro giorno mi sono trovata a una sorta di convegno, in realtà una masterclass in tema di comunicazione su nuovi media con ospiti d'eccezione italiani e internazionali, presso la sede della Confindustria di Roma. Bella location, ottimi relatori e poi la pausa pranzo con buffet offerto dall'organizzazione.

L'ora era tarda, almeno le due, ed eravamo tutti molti affamati. Peccato che una volta arrivati nella sala ho capito che avrei continuato a essere affamata, come lo sarebbe stato - ad esempio - un celiaco o un allergico ai latticini.
Ci aspettava un buffet a base di panini e pizze e pizzette tutti ripieni di brandelli di carni di animali, più o meno mummificati o freschi di mattanza, o di secrezioni biancastre che ricordavano micosi incipienti da Candida, come ricotte e similari.
Ora, senza dir nulla mi sono defilata e in preda a calo glicemico sono  fuggita verso un bar esterno nei dintorni dove mi sono rifocillata con un piatto di verdure miste, non particolarmente allettante ma se non altro mangiabile, senza infamia e senza lode.

E va bene, direte voi, che pretendevi? Sei un animale raro, quella è la prassi. Tant'è che la gente  ne era entusiasta (eureka eureka). Un vegan o un celiaco sarebbero e sono state delle infelici eccezioni.
Al solito, poi,  lì a dirmi Ah questo non lo puoi mangiare... Come a dire, lo sappiamo che ti fa gola ma devi resistere.
Sì. Se sapessero che mi attira come un piatto di blatte fumanti, poveri illusi.
Ma fin qui niente di strano, siamo nel campo della non eccezione.

Quello che mi faceva tutto sommato sorridere e scuotere la testa è stato dopo pranzo l'intervento in diretta dalla California del co-fondatore di Twitter Biz Stone, di cui si è già parlato in questo blog.
E il buon ragazzo parlava da oltreoceano di business legato all'etica, di empatia, di "successo" inteso come impatto positivo sul pianeta e tante altre belle parole che lui tenta di tradurre anche in fatti concreti.
E poi, per dirla tutta e per tornare alla prosaicità, nella sua azienda l'opzione vegan alla mensa è assicurata.

L'auditorio, con ancora ciccioli tra i denti, ascoltava affascinato le sue parole. Lui, un guru della comunicazione, con una vision così idealista della vita e del mondo. Così compassionevole. Così affamato, se fosse stato tra noi e buon per lui che fosse a casa sua, in California, con chissà che ben di dio nel frigorifero.
Qualcuno avrà anche ruttato al sapor di salame, mentre dagli occhi una lacrimuccia di ammirazione sgorgava.

E io? Cosa volete che pensassi io lì? Imprecavo, silente, ma imprecavo.

esempio di buffet vegan (Mestre, maggio 2011)

2 commenti:

Max Noacco ha detto...

E anch'io leggendo questo articolo imprecavo al solo pensiero di trovarmi spesso nella stessa condizione! :)
Complimenti per il blog.
Max

fra ha detto...

dagli occhi una lacrimuccia di ammirazione sgorgava-
classico caso di lacrime di coccodrillo.