lunedì 24 settembre 2012

Punti di vista

Voglio chiedervi di usare l'empatia in questo momento. E quando dico 'empatia' quello che sto dicendo è: mettetevi nei panni degli animali, e iniziate a vedere questo problema dal punto di vista degli animali. Dal punto di vista delle vittime.
Quando si esamina ogni forma di ingiustizia, che le vittime siano esseri umani o animali, vi prego di tenere presente il punto di vista delle vittime. Se non sei la vittima, non analizzare la situazione dal tuo punto di vista, perchè quando TU non sei la vittima, diventa molto facile razionalizzare e giustificare la crudeltà, l'ingiustizia, lo schiavismo e anche l'assassinio."

(Gary Yourofsky, discorso sui diritti animali e sul veganismo. Atlanta,Georgia Institute of Technology, 2010)

venerdì 21 settembre 2012

Dialogo tra un vivo poco entusiasta di essere tale e un essere umano dall’alta autostima

C'è un uomo in rete, instancabilmente geniale, di cui da un po'  di tempo non tesso lodi. Sarebbe un peccato perdere i suoi scritti. Quale migliore occasione per chi non lo conosce ancora che iniziare da qui?

Simposio

lunedì 17 settembre 2012

A proposito di andazzi sbagliati

Il buonismo, il perbenismo. Tutti quegli ismi che già fanno intuire che non si parli di persone veramente buone, veramente per bene. Non a caso c'è quell'ismo alla fine.
Mi capita spesso su FB di inveire nella mia bacheca - e sottolineo nella mia, non in quelle di altri avventori del social media - contro cacciatori, torturatori di animali (e di bambini e di donne e di...), vivisettori, macellai, onnivori, e tutta l'allegra brigata di buontemponi assetati di sangue.
Qui dalle mie parti, Roma e dintorni, uno degli accidenti più comuni che si sente lanciare dalla gente comune è il classico Ma và a morì ammazzato.
Beh, io non faccio altro che riproporre in chiave moderna questo accidenti effettivamente un po' vintage a tutta una serie di persone che provocano danni e morte e sofferenza ad altri esseri viventi con cognizione di causa.
Dalla mamma amorevole che nutre il pargolo col prosciuttino, all'amica amante del sushi che-fa-così-chic, al cacciatore che si è sparato sul piede da solo (echediolabbiaingloria), al collega che non riesce proprio a fare a meno del pollastro a pranzo, al vivisettore che apre lo stomaco a un gattino vivo, e via via a tutti gli altri torturatori sotto mentite spoglie di gente per bene.

Ma ecco che subito, su FB, escono fuori come funghi dopo la pioggia i Censori. Coloro i quali, pur menando una vita corrotta da violenza quotidiana, divorando le carni di animali terrestri o acquatici trucidati tra mille sofferenze o vestendone le pelli o foraggiando aziende che testano con estrema violenza i loro prodotti, saltano subito all'impiedi additando come comportamento inaccettabile l'aver mandato a morì ammazzato il primo che mi viene in mente, và, il cacciatore.
A quel punto inizia a perpetuarsi quel trito copione che vede in primo luogo nominare Gandhi come nume protettore, facendo notare quanto ci si stia discostando da questo grande uomo. E hai voglia a spiegare che io non sono Gandhi, che pur ammirandolo sconfinatamente (idolo della mia adolescenza e uno dei fautori del mia scelta vegetariana all'epoca) non ho mai preteso di imitarlo in alcun modo. E hai voglia a spiegare che quando scelsi di diventare prima vegetariana e poi vegan non pensavo di dover cambiare carattere e vestire un saio, dispensando saggi sorrisi e aforismi zen a destra e a manca. 


E hai voglia a spiegare che le parole dettate dalla mia esasperazione di fronte a scene di inusitata violenza contro gli esseri viventi non umani che ogni santo giorno  capitano sotto i miei occhi, le parole - dicevo - non uccidono, mentre quello che fanno i Censori - e ovviamente i bersagli delle mie maledizioni - tutti i giorni è condonare uccisioni REALI.

Li sento come una sorta di coro greco in sottofondo, tutti lì che bofonchiano No No così non si fa, un conto è dire che si è vegetariani e un conto è tirare gli accidenti. Non bisogna odiare.
L'ultimo mi ha scritto Io sono quasi integralmente vegetariano, ma mi sembra che tu stia prendendo una strada integralista sbagliata.
Analizziamo questa frase. Intanto, quel "quasi" mi lascia interdetta. Cosa significa? Ogni tanto un pescetto lo ammazzo, tanto ce ne sono tanti? Se capita, un uccello o un mammifero finiscono nel piatto, ma che fa? Non sono individui gli animali, sono massa, sono numero, uno più o meno che fa? Rimaniamo dunque in pieno antropocentrismo, senza nessuna seppur vaga intuizione circa la natura paritaria di tutti gli esseri viventi su questa terra. Antispecismo, questo sconosciuto. Ci vuole d'altronde un notevole coraggio, per come siamo cresciuti, ad ammettere che la nostra vita non vale necessariamente più di quella di un gabbiano. La portata rivoluzionaria di questo assunto è talmente destabilizzante che le masse non sono in grado, ammettiamolo con sincerità, di metabolizzarla.


Ancora, "sembra che stia prendendo una strada integralista sbagliata". Prima di tutto, non essendo io di primo pelo e avendo smesso i panni da teen ager da diversi anni, diciamo che con l'età non posso che peggiorare. Questa è la cattiva notizia. Probabilmente morirò con un accidenti sulle labbra tirato a qualcuno, chissà, forse al vicino di casa che sta bruciando la carcassa di un povero vitello sul suo immondo barbecue. E' solo un ipotesi. E ci sono morti un po' peggiori, come cantava da giovane Guccini. L'importante è che la morte mi colga viva (M. Marchesi).

Integralista. Come spesso ripeto qui e altrove, ormai è noto,  alla parola "integralista"  io recepisco a mo' di automatismo - non essendo usa a metter bombe e bombette sotto la sedia di nessuno -  il termine "coerente" e credo sia il più bel complimento che possa ricevere. 
Tutta la mia vita è stata improntata, da che ero ragazzina, alla ricerca di qualcosa che io identificavo come "diventare sempre più buona" (testuali parole prese dai miei diari dell'epoca), nel senso che non avevo ambizioni di diventare chessòio dirigente d'azienda o stilista, volevo qualcosa di più, come vivere in sintonia con me stessa e i miei ideali, non sapevo ancora bene quali.

l'ho letto, carino...

Se a 15 anni mi avessero detto che da adulta sarei stata  tacciata di eccesso di coerenza in materia di non-violenza, di non condonare senza se e senza ma ogni forma di sopruso su esseri viventi indifesi (ripeto, non solo animali, ma bambini, donne...), beh, ragazzi, ci avrei messo la firma. Smettere di essere mediocre, credere e mettere in pratica quotidianamente i tuoi ideali: il sogno di ogni adolescente sano. A meno che non si  riferisca il tutto all'andare al Roxy Bar e vivere una vita spericolata, unico ideale pippare cocaina, naturalmente. Meglio specificare: sogno di ogni adolescente sano, colto, empatico, consapevole, portato all'introspezione.

Ma veniamo all'aggettivo finale della frase dell'amico su FB: "sbagliata", "strada integralista sbagliata".
Vi rendete tutti conto che giusto o sbagliato siano termini del tutto soggettivi, vero?
Cosa è giusto, cosa è sbagliato.
Per me è sbagliato tutto ciò che comporta una violenta invasione sulla vita di altri. Da qui si evince che è sbagliato che il prete violenti i bambini dell'oratorio, che lo scannatore tagli la gola al maialino, che il violentatore strazi la ragazza, che l'omicida  uccida, che il cacciatore fermi il volo degli uccelli o la corsa di una lepre, etc.etc.etc.

E' giusto - per me - vivere cercando di essere meno invasivi possibile, di nuocere il meno possibile agli sventurati nostri compagni di pianeta, di essere empatici e compassionevoli nei confronti di chi soffre.
Essere compassionevoli nei confronti di chi attua violenze, no, non è giusto, a meno che ci si riferisca per propria scelta esistenziale a una qualche dottrina religiosa, ergo si porge l'altra guancia e compagnia bella.

Che una persona mi venga a dire che sto prendendo un andazzo sbagliato francamente non riesce a non farmi sorridere, con un sorriso - questo sì - di compassione, come a dire Perdonatelo, perchè non sa quello  che dice. Probabilmente è così inconsapevole, così privo di empatia "militante", che non gli si può neanche fare una colpa.
Certo, alla lunga stanca sentire fregnacce

domenica 16 settembre 2012

Il movimento per i diritti animali tra perquisizioni, arresti e condanne

Oggi ospito un articolo di Riccardo di Animal Station, perchè non saprei scrivere di meglio sulla questione e vorrei che lo leggeste insieme a me.



lunedì 10 settembre 2012

venerdì 7 settembre 2012

Un incontro fondamentale

Ieri pomeriggio qui nella mia zona c'è stato un incontro, una "lezione" forse dovrei chiamarla, tenuta da Steve Best, professore di filosofia presso l'Università di El Paso (Usa), scrittore e attivista per i diritti animali, ecologista.
Vi riporto dall'invito all'evento su FB:

Steve Best propone una rivoluzione culturale e sociale totale, radicale, che scardini il sistema di dominio capitalistico e che ripristini un equilibrio tra tutti gli esseri senzienti del pianeta, animali umani e non umani, in un contesto naturalistico rigenerato e protetto. I movimenti di liberazione animale umana e non umana che partono da presupposti filosofici di natura rigorosamente antispecista trovano in Steve Best uno dei massimi esponenti. 
Steve Best è noto per la sua visione globale di rispetto di liberazione. Le sue battaglie vanno nella direzione di una democrazia effettiva, equalitaria. Contro ogni forma di sfruttamento, vicino ai movimenti femministi antisessisti, a quelli antirazzisti, anticapitalista, militante della total liberation è un supporter della inclusive democracy [si veda anche la versione in lingua italiana].

Best ha parlato per circa un'ora e mezza, con una traduttrice a fianco, e personalmente ho quasi trattenuto il respiro per tutto il tempo, quasi per timore di perdere una sfumatura, una frase, di perdere l'occasione preziosa che mi si stava presentando di essere al cospetto di un uomo illuminato da cui non ho che da imparare.
Non avranno certo pensato questo alcune gallinelle sedute vicino a noi, che hanno ridacchiato e chiaccherato tutto il tempo, confermando il fallimento del genere umano così come lo conosciamo.

Impossibile trasferirvi il suo discorso, ma vorrei soffermarmi su un paio di punti che mi hanno colpito particolarmente.
Il movimento pacifista, a livello internazionale e locale, spesso prende i colori di un movimento "passivista", come dice Best, più concentrato sui massimi principi ma poco sull'azione. Dimenticando che le grandi rivoluzioni passate alla storia come "pacifiste" non sono mai  avvenute per dei sit-in di hippies osannanti o per predicozzi rimasti conchiusi al pulpito del predicatore.
Best ci porta l'esempio di Martin Luther King. Molti uomini e donne di colore all'epoca non conoscevano neanche il reverendo King, ma certamente conoscevano le Black Panthers e soprattutto MalcomX, quello che è passato alla storia come il "braccio violento" della rivoluzione antirazzista.
In realtà, la "violenza" per evitare la violenza non è altro che legittima difesa. Come diceva ieri Best, se c'è un ragazzo che si diverte ad ammazzare i gatti nel vicinato, usare una mazza da baseball per fermarlo non è violenza, ma legittima difesa di chi non può difendersi da solo.
La guerra in Vietnam non è stata persa dagli States per i figli dei fiori che cantavano Dylan o Baez  per le strade, ma grazie ai contadini indocinesi che hanno lottato, con ogni mezzo, si sottolinea con "ogni mezzo", per cacciare gli invasori dai loro paesi. L'azione, non solo il pensiero. L'azione abbinata al pensiero è ciò che veramente cambia lo stato delle cose.


Ancora sul concetto di violenza e terrorismo. Si parla di terrorismo ed "estrema violenza" quando viene attaccato un laboratorio di vivisezione o un allevamento di animali da pelliccia, e come tali - terroristi - sono processati i responsabili. Ma spaccare un vetro o un laboratorio si può definire atto violento allo stesso modo che tagliare la gola a un maiale, a migliaia di maiali o cucire gli occhi a una scimmia e segregarla in totale isolamento come avviene nei laboratori? Un vetro vale una vita, dunque?

Dicono, continua Best, che i media non si occupano delle liberazioni animali - che pur essendo continue appaiono solo in casi eclatanti (si veda il caso di GreenHill) - perchè la violenza di questi atti terrorizzerebbe le masse. Ma ne siamo sicuri? Siamo sicuri che non sia esattamente il contrario? Che la gente, come nel caso di GreenHill, invece è più probabile che plaudirebbe e che forse potrebbe finalmente venire a sapere cosa succede dietro le quinte e opporsi? Difficile immaginare che qualcuno, che addirittura molti non pensino Come sono coraggiosi quegli attivisti, nel vedere uomini e donne con conigli, cani, gatti, scimmie in braccio portati fuori da quei luoghi di estrema violenza e sofferenza.

Ma significherebbe appunto permettere che la gente apra gli occhi, che venga a sapere qualcosa che il sistema, il sistema capitalistico per la precisione, non vuole che succeda, a scopo di  mantenimento dello status quo.
E i movimenti animalisti ed ecologisti spesso sembrano fare il gioco del potere, più attenti a non offendere troppo il potere, impauriti di apparire troppo estremisti, ovvero coerenti. Chi mi conosce sa che la parola estremismo per me è sinonimo di coerenza e sa quanto io arrossisca di orgoglio quando qualcuno mi apostrofa come estremista. Purtroppo non merito ancora tanto, ma è ciò che auspico da sempre: diventare ogni giorno sempre più coerente (estremista?) riguardo la mia idea di vita condivisa su questo pianeta, contro ogni sopraffazione di specie, di genere, di status sociale. La vecchia storia dell'antispecismo insomma.
Non è un caso che Best si proclami vicino ai movimenti femministi, anticapitalista e antirazzista: tutte facce della stessa visione di vita. Una rivoluzione di cui si può intuire la portata e che fa intuire i motivi della feroce opposizione feroce dell'ordine costituito. Per questo fa tanto specie sentire persone che si proclamano progressiste essere tanto indifferenti alla questione dell'antispecismo nel suo insieme.



Chi è interessato a saperne di più, può leggere alcuni dei suoi scritti sul suo blog e sul suo sito, alla voce Writings. Per approfondimenti sui tre incontri tenuti in Italia, compreso quello di cui paliamo qui, si veda l'ottimo resoconto di AsinusNovus.
Tutta la mia stima e la mia ammirazione. Per quanto mi riguarda,  è stato un incontro fondamentale, imprescindibile.


“Steve Best is still not conducive to the public order.” UK Home Office on the decision to reaffirm the lifetime ban of Dr. Steven Best, 2011


martedì 4 settembre 2012

Essere vegan e all'improvviso chef

Non è solo frequentando gli onnivori che si sviluppano scambi di battute interessanti, ma anche tra vegetariani e vegan stessi.
Ad esempio, pare che quando uno o una diventi vegan (che non è come diventare testimone di Geova o iniziare a tifare la Juve, sia chiaro), per una sorta di automatismo derivante non si sa da quale cielo calato, egli o ella si dipinga come "chef". Neanche cuoco (chi realizza le ricette), proprio "chef" (chi le inventa).
Lo vediamo in alcuni siti o blog di ricette vegan. E provatane a realizzare qualcuna, già magari sospetta dalla descrizione. A me personalmente sono venuti fuori spesso piatti immangiabili. Ormai conosco i nomi di chi è veramente bravo e chi si arrabatta (poco male, ma non pubblichiamole 'ste ricette, che poi passiamo per malgustai). Panna usata per la pasta al forno, al posto della besciamella: non è che perché siano vegetali che questo abominio si possa fare, vantandosene. Ma è solo un esempio tra cento.


Ma anche nelle discussioni sui social-media la tendenza è quella: sono vegan, ergo uno chef.
Proprio stamattina leggevo dei commenti su una pagina Fb dove avevo postato un sito di ricette vegan  (o meglio, un sito di ricette generalista con una strepitosa sezione vegan) specificando che non erano opera di comuni mortali ma di professionisti. Apriti cielo. Come ho osato dare del comune mortale a dei semplici "cucinatori" a casa propria? Cosa c'è che non va nelle ricette dei comuni mortali? e via dicendo.
Allora, un conto è quando io vi posto una ricettina qui, quando tutti sanno che io non sono una chef, ma una vegan che lavora nel settore della comunicazione, aggiorna siti internet, scrive testi, etc. e mai in vita mia mi sono sognata (disgraziatamente) di studiare la chimica dei cibi, gli abbinamenti, l'uso delle spezie e delle erbe, etc.etc.

Un conto è cucinare e azzeccare la ricetta e condividerla perchè non solo per noi ma anche per altri commensali pare riuscita, invitando ad apportare migliorie e a condividerle, e un conto è definirsi cuochi, chef, etc. e non trovare differenze tra cucina casareccia e cucina studiata. Non so se riesco a spiegarmi. Perchè tra onnivori questa differenza è da sempre ben definita, intendiamoci. Poi ci sono chef buffoni, che cucinano scopiazzando o con abbinamenti incresciosi, certo. Ma essere chef sul serio significa studiare, tentare, riassestare e riprovare, ristudiare. Non mettere insieme una accozzaglia di roba e poi aspettare come per un uovo di pasqua di vedere la sorpresa.

Ho un caro amico vegan che per riprendersi da una mangiata sociale (vegan, naturalmente) ha impiegato giorni a furor di bicarbonato. Per non parlare dei mangiarini che spesso vengono propinati, con giustificato terrore degli onnivori, a base di pappette, come se i vegan fossero tutti potenzialmente sprovvisti di dentatura.
Una volta mi capitò, come raccontai in una recensione tempo fa qui, che servendo a me e a due amiche onnivore codeste pappine (miglio, cuscus, non ricordo, comunque stracotti), la gentile gestora del locale ci sottolineò nel mentre  quanto esse fossero salutari per il nostro intestino.
Meno male che non  trattavasi di una cena romantica: l'abbinamento cibo-cacca non è dei migliori a tavola. E, ripeto, non è perchè sono vegan che debba sorbirmi tiritere escatologiche, con le amiche che strabuzzano gli occhi pensando che mangiamo solo per cagare e non anche per piacere. E non è che fuori non possa mangiare un piatto di lasagne, se fatte come si deve, e debba degustare invece l'equivalente di una minestrina in brodo, che può essere adorabile, certo, ma a casa mia, la sera, d'inverno, nell'intimità della mia cucina. Per di più preoccupata e deliziata insieme all'idea che faccia andare di corpo.
Insomma, a ognuno la sua professione e tra di noi scambiamoci ricette, sì, ma senza menarla giù dura.


domenica 2 settembre 2012

Toglier blatte dalla minestra

Io devo frequentare di più gli onnivori, non c'è verso. Se voglio avere sempre qualcosa di sfizioso da raccontarvi, niente è più foriero di aneddoti come pranzare o cenare con corpse-eaters.
E' che spesso mangiamo a casa e tendiamo più a invitare qui da noi, così non si pongono questioni. Il mio compagno, come molti di voi sanno, è chef vegan professionista e gli amici non si fanno sfuggire l'occasione di mangiar manicaretti nuovi o già testati, piuttosto che avere delusioni in qualche ristorante veg o non veg che sia. Dalle nostre parti non è facile mangiare decentemente fuori, è cosa nota.

Ieri si era fuori a mangiar pizza con gruppo di amici e conoscenti. Il mio compagno ha preso un piatto di penne all'arrabbiata e io una pizza ortolana senza mozzarella. La sto ancora cercando di digerire, ma per carità, almeno era senza secrezioni, pus, etc.
I commensali hanno invece preso diverse portate di pizza alla pala, tutte immangiabili per noi, come potete immaginare. Credo che pensino che noi si faccia un sacrificio a resistere al cospetto di tante leccornie, tanto che quando una amica a fianco a me ha chiesto carinamente se volevamo che togliesse lei il prosciutto da una delle pizze affinchè potessimo mangiarla anche noi, il dubbio si è trasformato in certezza.
Noi ci siamo subito schermiti, dicendo No! No! Grazie! e a me è scappato Oddio, è come togliere una blatta dalla minestra e poi continuare a mangiarla...


Immaginate se i miei commensali avessero trovato un capello, uno scarafaggio, una mosca nel loro piatto: mai avrebbero avuto il fegato di continuare a mangiare qualcosa di "contaminato" da elementi ripugnanti.
Come far comprendere che per noi è lo stesso, anche se togli il gamberetto smembrato, il brandello di carni mummificate di un mammifero o le secrezioni di un bovino dalla pizza, da un piatto di pasta o quello che sia?
Mi direbbero: ma tutti mangiano così, sei tu la strana.
La solita storia. Tutto è giustificato in nome di una maggioranza rumorosa.